Diario dal Ghana, 10.02.2012 – 26.02.2012
22.02.2012
Ieri mattina abbiamo partecipato con Nicholas a un’assemblea pubblica presso un piccolo villaggio della zona: il villaggio, che non ha ancora beneficiato dei servizi di Ashanti Development, ha deliberato di inaugurare la collaborazione con l’ONG, segnalando inoltre le richieste di intervento piu’ urgenti.
Il tutto ha avuto luogo all’ombra di un grande albero al centro del paese, sotto il quale si sono radunate alcune decine di persone in rappresentanza delle 56 household (famiglie) del villaggio. Era presente anche il chief, o meglio la queenmother, perche’ in questo caso si trattava di una donna. Come ho gia’ scritto, qui le donne sono molto forti e assumono spesso ruoli importanti.
Al cuore dell’incontro la mappatura del villaggio, per indicare i servizi pubblici gia’ presenti e quelli di cui i diversi membri della comunita’ avvertono maggiormente il bisogno. La cosa interessante e’ che la mappatura e’ stata condotta in maniera collaborativa tra tutte le persone presenti e materialmente disegnata con un bastone sul terreno (cfr le foto). Ciascuno dei partecipanti all’incontro ha potuto esprimere la propria opinione in merito a quali nuovi servizi introdurre con maggiore urgenza nel villaggio: un bell’esempio di processo democratico. Nicholas ci ha raccontato che in molti villaggi vengono coinvolti nelle decisioni anche i bambini (che naturalmente sono in gran numero).
Oggi, tra le altre cose, ci siamo recati ancora al mercato di Mampong insieme a Diana, che doveva fare la spesa settimanale di alimentari per la struttura. Mi sento molto piu’ integrato nell’ambiente, e maggiormente in confidenza con le persone, pero’ e’ impossibile abituarsi al sole… E c’e’ da considerare che gli orari africani sono anticipati rispetto ai nostri (perche’ il lavoro ha inizio la mattina molto presto, soprattutto tra i contadini): anche oggi sveglia alle 6, pranzo alle 11 (!) e al mercato ci siamo recati dopo aver svolto un paio di altre commissioni alle…13.30, proprio nelle ore centrali…A un certo punto io e Antonella ci siamo separati da Diana che doveva completare la spesa, l’abbiamo aspettata presso una bancarella che ci ha ospitati (piu’ o meno all’ombra) per quasi un’ora: alla fine eravamo privi di forze, e il tro-tro che abbiamo preso per tornare ce le ha tolte proprio tutte…African life is a struggle, davvero, e per quanto loro siano senz’altro piu’ abituati a stare sotto il sole, rimanerci tutto il giorno non dev’essere per niente facile.
Ancora con riferimento alla religione (il Ghana e’ davvero un Paese molto accogliente in questo senso, sono ben tollerate tutte le chiese compresi i buddisti, gli induisti e molte altre sette), tema su cui servirebbe un intero libro, un capitolo andrebbe dedicato alle insegne degli shop che si incrociano lungo le strade. Moltissime riportano un nome ispirato alla Bibbia, come ad esempio “Psalm 44:5 Enterprise” o “Be glory to God Enterprise” o “The only word that will last is the one of God Enterprise”. A dir poco curiose…
Domani e’ l’ultimo giorno che spendero’ qui a Gyetiase. Venerdi’ mattina (ore 6…) Nicholas mi accompagnera’ a Kumasi, dopodiche’ mi rechero’ in corriera fino ad Accra. L’esperienza africana si avvia alla sua conclusione: arrivederci in Italia.
20.02.2012
Oramai sto da alcuni giorni al villaggio e comincio a conoscere qualcuno dei suoi abitanti. Ad esempio c’è Joyce, la sarta che abita qui vicino: a chi mi chiede se le donne africane siano felici risponderei che Joyce non ha l’aspetto di una donna felice. E non è la sola, da queste parti. Però è anche vero che vedo molte donne forti e sorridenti, a modo loro riescono a far fronte alle avversità.
Ieri molte di loro erano presenti alla messa, naturalmente tutte elegantissime: alla domenica grande festa qui a Gyetiase. Alcune volte resto ammirato per la forma con cui riescono a raggiungere certe età: ieri c’era una vecchina che avrà avuto 90 anni, ne sono sicuro, nonostante ne dimostrasse 20 di meno. Ma qui è così, quando alcuni anziani ti dicono la loro età rimani a bocca aperta. Suppongo che sia questione di dieta e stile di vita: qui le persone con la fibra più forte hanno la possibilità di vivere veramente a lungo.
Alla cerimonia era naturalmente presente anche il chief, avvolto per la festa in uno splendido tessuto Ashanti bianco e nero. E’ una persona onesta ma non è molto carismatico, per cui il villaggio fatica a trovare un percorso deciso di sviluppo. Invece il chief di Adutwam, un omone grande e grosso molto determinato, è riuscito a imporre insieme agli altri anziani del villaggio maggiore organizzazione, e i risultati si vedono. D’altronde l’organizzazione, anche qui ai villaggi, è fatta di persone. Alcune volte i chief sono un esempio in negativo: a Old Damang il capo villaggio ha rubato parte dei finanziamenti di Ashanti Development per costruirsi la propria casa, decisamente più bella di tutte le altre che ho visto. Ora l’ONG è in difficoltà, perché il chief non si può scavalcare, e il villaggio ha ancora bisogno di molti aiuti.
Tra i bambini, che sono tantissimi e spuntano sempre da ogni angolo per salutarmi, gridarmi “obruni obruni” e toccarmi come per essere certi che io esista veramente, c’è Felix. Ogni tanto passa qui alla struttura per salutare Antonella e me. Felix ha 11 anni ed è orfano di entrambi i genitori, vive con la nonna. E’ un ragazzo serio, vestito sempre in maniera molto curata ed è molto sveglio. Parla un inglese perfetto, è l’unico che abbia incontrato ad essere così bravo, rimani incantato ad ascoltarlo. E’ senz’altro un bambino che non ha goduto della propria infanzia, è molto più maturo dei suoi coetanei e anche di molti adulti. Spero che continui a farsi avanti come sta facendo così che, quando avrà l’età giusta, qualcuno possa aiutarlo a trovare la strada che si merita. Vorrebbe fare il dottore…magari, in questo Paese!
Oggi era il 1° compleanno di “Antonella”, una piccola a cui la mia amica Antonella fa da madrina: in sostanza le paga l’assicurazione sanitaria. Qui, per accedere ai servizi di sanità pubblica bisogna pagare questo tesserino e se non ce l’hai non hai diritto alle cure. E’ proprio tra i servizi di Ashanti Development il pagamento annuale dell’assicurazione sanitaria per chi non può permetterselo. Siamo andati alla festa con una candelina e due sacchi di caramelle che avevo comprato a Padova, un plumcake comprato a Mampong e alcuni palloncini comprati qui al villaggio. E’ stato senz’altro un momento di gioia ma i miei sentimenti sono misti a tristezza per le condizioni dei bambini e delle loro famiglie. Qui non sanno neanche cosa sia una festa di compleanno, e per un bel po’ ha regnato una fissità stupita sia da parte dei bambini che degli adulti. Poi, pian piano, la festa ha preso il via e i bambini si sono finalmente scatenati… soprattutto alla vista delle caramelle… “toffees”. Ma Antonella mi dice che se restassi qui più tempo, pian piano comincerei ad adottare uno sguardo più “africano”: lei ha vissuto l’evento con pura felicità. Assumendo il loro punto di vista, oggi è stata una giornata di grande festa, e domani si ricomincia, senza dare troppa importanza alle cose materiali.
Domani torniamo ancora una volta ad Adutwam per supervisionare i lavori della clinica in costruzione; nel pomeriggio daremo una mano a Nicholas, instancabile pilastro di Ashanti Development che ci accompagna sempre in giro con il suo pick-up, che ha bisogno di un po’ di lezioni per gestire il suo blog, dove descrive i progressi della sua comunità.
Ah, devo segnalare il blog di Antonella, attraverso cui si puo’ capire il suo punto di vista su questa realta’:
http://ashantide.org
18.02.2012
Weekend tranquillo e operoso qui alla struttura, a Gyetiase: molto lavoro al computer. Venerdi’ e’ stata un’altra giornata impegnativa, ora ci ristoriamo un po’. Penso che domenica, tra le altre cose, andro’ a vedere una messa, in una delle chiesine del villaggio che sta giusto di fronte a dove dormiamo noi.
In Ghana c’e’ l’influsso britannico per cui la gran parte della gente e’ cristiana di fede anglicana o metodista o avventista ecc… Mi dicono che la messa durera’ mezza giornata! Staro’ li’ soltanto un po’, per curiosare. Per la gente del villaggio la messa e’ anche un’occasione per fare festa, ascoltare musica, chiacchierare e stare insieme. Purtroppo, mi anticipa Antonella, suoneranno musica a un volume altissimo tutto il giorno…Le credo, inoltre la chiesa sta proprio qui davanti…spero di riuscire a lavorare, domani, perche’ devo continuare al lavorare al database e alla mappa online.
Anche venerdi’, a Gyetiase si sentiva musica tutto il pomeriggio: era giorno di funerale, e in Ghana le cerimonie funebri sono del tutto particolari, non ce n’e’ di uguali in tutta l’Africa. Servirebbe un libro per descrivere cos’e’ un funerale da queste parti. Una delle principali attivita’ commerciali e’ legata alla costruzione delle bare, che qui possono arrivare ad assumere forme grottesche: coloratissimi aeroplani, mucche, automobili ecc…Se hai sempre vissuto in Ghana e non hai mai preso un’aereo, magari vorresti fare un volo almeno al momento della tua morte, magari per raggiungere il paradiso…
In ogni caso, ieri pomeriggio siamo andati a curiosare nel centro del villaggio, dov’era in corso la “cerimonia”. Bisogna immaginarsi una piazza abbastanza larga di terra rossa, in mezzo alcuni begli alberi africani con i rami bassi, e sotto gli alberi…un sacco di giovani e bambini che ballavano con grande sensualita’ musica da discoteca davanti a diverse casse di dimensioni enormi!! Cosicche’ tutto il villaggio potesse sentire… hanno davvero uno strano modo di celebrare i funerali. In realta’, anche questo rito e’ un’occasione per ritrovare parenti o amici che abitano lontani e anche, perche’ no, mangiare…
Venerdi’ mattina siamo andati a comprare delle stoffe che si chiamano kente: in Italia tenteremo un mercatino per finanziare i progetti di costruzione dell’asilo e di completamento della clinica ad Adutwam. Da queste parti sono bravissimi a lavorare al telaio, i tessuti Ashanti sono tra i piu’ pregiati di tutta l’Africa. Con i tessuti , in cotone o seta artificiale, producono borse, sciarpe, vestiti, zainetti ecc…ecc…Abbiamo dovuto raggiungere un paesino che si chiama Bonwire (taxi + tro-tro + 2 taxi…), dove si conserva l’antica tradizione del telaio: e’ interessante sapere che i tessitori sono tutti uomini, non donne. Una volta il fatto che una donna lavorasse al telaio per produrre il kente era un vero e proprio tabu’ , ora non lo e’ piu’ e ci sono donne che lo fanno, ma per la gran parte sono uomini.
Questo e’ perche’ nell’Ashanti non c’e’ una netta differenziazione tra le attivita’ condotte da uomini e donne: entrambi possono -anche storicamente era cosi’- svolgere le attivita’ agricole. Le donne non dovevano restare necessariamente sempre in casa a gestire i bambini. C’e’ da considerare il fatto che qui le donne sono molto forti e hanno un ruolo dominante nella societa’. Non so quanti conoscano la storia dell’impero Ashanti (su wikipedia c’e’ una bella pagina) la cui etnia, per essere precisi e’ quella Akan. Gli Akan sono stati, insieme agli Zulu e a pochissimi altri, l’unico clan che e’ riuscito per qualche tempo a contrastare seriamente gli inglesi nell’era coloniale. Stando qui ho scoperto una cosa interessantissima: uno dei condottieri akan che si ricorda aver tenuto testa con il suo esercito ai colonizzatori era…una donna!! Una Giovanna d’Arco o amazzone africana… Devo approfondire questa storia. Quando torno ad Accra voglio andare al National Museum, chissa’ se nel bookshop c’e’ qualche libro interessante. Comunque il fatto che le donne siano fortissime lo riscontri anche oggi: quando vedi certe donne contrattare al mercato, c’e’ da prendere paura…Tough and strong women, dicono qui delle donne Ashanti…poveri uomini…
16.02.2012
Il viaggio e le esperienze continuano.
Ieri siamo andati ad Old Damang, un villaggetto disperato non lontano da Gyetiase. Ci siamo recati li’ perche’ i coordinatori di Ashanti Development hanno chiesto ad Antonella di girare un video. La storia e’ straziante: la richiesta del video proviene da un’anziana signora irlandese, Daire, che sta morendo di cancro, le resta poco tempo. Nel corso della sua vita ha concesso molti finanziamenti alle comunita’ di quest’area, aveva donato persino i soldi ricevuti in occasione del suo secondo matrimonio. Quelle donazioni sono state principalmente usate per concedere microcredito alle donne di Old Damang: ora possono condurre piccole attivita’ di coltivazione o piccolo commercio. Una di queste donne produce il kenkey, palle di mais fermentato che qui vengono mangiate regolarmente ma richiedono un trattamento lungo. Questa donna si ricorda sempre di Daire, perche’ dice che senza il suo aiuto non sarebbe sopravvissuta. Ha 7 figli, che ieri abbiamo conosciuto. Nel video ha ricordato la sua benefattrice Daire e l’ha ringraziata ancora una volta. Dopo abbiamo condotto altre interviste nel villaggio, la maggior parte rivolte ad altre donne che hanno beneficiato del programma di microcredito.
Rispetto a Old Damang, Gyetiase e’ avanti anni luce: qui ci sono le latrine, i pozzi, le cisterne d’acqua, le scuole, la clinica, e le case sono quasi tutte in ordine. A Old Damang ci sono case che cadono letteralmente a pezzi, o gia’ crollate, e la gente ci vive dentro. Vive dentro case che sono ormai aperte, con la paura che di notte possa crollare un altro muro. Sicuramente Ashanti Development vi sviluppera’ degli interventi in futuro.
Da Old Damang ci siamo recati a piedi, attraverso il bush, fino a Mampong, la cittadina piu’ importante dei dintorni, dotata di un grande mercato. Ci ha guidati Diana: lei e’ tra le poche persone con uno stipendio fisso pagato da Ashanti Development: custodisce la struttura, ci prepara tutti i giorni pranzo e cena, oltre a molte altre attivita’. Ed e’ sempre la nostra mediatrice quando ci rechiamo nei villaggi. Ieri ci ha accompagnato fino a Mampong. Comincio a riconoscere alcuni alberi da coltivazione: il mango, l’avocado, l’anacardio, il cacao, la manioca ecc.. Attraverso la boscaglia sono numerosi anche i termitai, alcune volte davvero imponenti. Alcune volte ti imbatti in alberi maestosi.
Ma dopo un’ora di cammino fino a Mampong il sole ci ha piegato tutti, anche Diana che e’ di qui. Ci siamo fermati a un bar, non dissimile dai nostri, un cortile sotto il tendone con alcuni tavoli: ho assaggiato la Star, la birra ghanese prodotta negli stabilimenti di Guinness Ghana – e’ una lager, buona. Al mercato ero stanchissimo, per il sole, per un mal di stomaco che mi portavo dietro (oggi sto meglio) da un paio di giorni (forse il Lariam), e per il traffico di persone travolgente, con tutti i suoi suoni, rumori, colori, odori…alcune volte i canali delle fognature a cielo aperto ti colpiscono all’improvviso. Ma non mancano neppure i profumi, e spesso i cibi venduti sulle bancarelle sono molto attraenti. Ho assaggiato delle polpette di fagioli buonissime! Devo provare le chips di plantain (il platano, la banana gigante) fritte, sembra che siano ottime.
Tornati a Gyetiase ci ha raggiunto Esther, un’infermiera stipendiata da Ashanti Development: ci ha portato tutte le schede-paziente della clinica oculistica, sono migliaia (dal 2006), e’ impossibile pensare di caricarle in formato elettronico, dovremo decidere con i coordinatori come affrontare la questione: forse e’ utile caricare solo le schede storiche relative alle malattie piu’ gravi come la cataratta o il glaucoma. Pare che il glaucoma sia causato dall’esposizione al sole, aggravata dalla polvere sollevata dall’harmattan, il vento che soffia dal Sahara e arriva fino in Ghana durante la stagione secca, che dura alcuni mesi.
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Oggi una giornata molto produttiva: siamo tornati ad Adutwam, dove abbiamo raccolto i disegni fatti dai bambini dell’asilo (avevamo lasciato un po’ di tempo agli insegnanti). Siamo arrivati alle 8.00, quando i bambini si raccolgono per la preghiera. Sara’ veramente educativo per bambini e genitori vedere il video che abbiamo girato 😉 I bambini tutti disciplinati in gruppi secondo le classi, con il direttore che faceva il controllo igienico a tutti…denti, unghie, ecc..Qui la disciplina e’ molto diversa rispetto a come funziona da noi: c’e’ molta piu’ severita’, e in alcune scuole so che usano anche il frustino. E’ anche vero che i bambini africani sono soggetti molto piu’ difficili dei nostri, pero’ quando assisti a certe scene rimani perplesso, non siamo piu’ abituati a questa severita’. Alla clinica hanno cominciato a installare gli infissi.
Da Adutwam ci siamo recati via tro-tro (e’ un taxi collettivo, un minivan con licenza) fino a un paesino dove vive Amoah. E’ un ragazzo di 24 anni che vuole fare il citizen journalist, scrivere online, insomma, e ha gia’ pubblicato un paio di articoli sulla nostra pagina Voci Globali. E’ un ragazzo serissimo, di professione fa l’insegnante ma vorrebbe fare l’infermiere. Oltre a questo, ha molte idee sulle cose che non vanno nel suo paese, in termini di diritti umani, sviluppo sociale, ecc… Gli abbiamo portato un laptop con tutti gli accessori e finanziato l’acquisto di una chiavetta Internet con abbonamento per 2 mesi. Poi si arrangera’, il costo mensile dell’abbonamento flat e’ di 15 Ghana cedi, circa 7 euro. Abbiamo dovuto produrgli un tesserino con il nostro logo, la sua foto e la scritta “citizen journalist”…Altrimenti in certi posti non riuscirebbe a entrarci per condurre interviste…siamo in Africa…Abbiamo scommesso su di lui, speriamo che sia responsabile e soprattutto costante. Abbiamo cercato di fargli capire quanto sia importante che si impegni veramente in questo piccolo progetto, anche perche’ pare davvero una persona intelligente e potrebbe crescere moltissimo. Ci sono blogger ghanesi che sono conosciuti a livello mondiale, questo Paese e’ uno dei piu’ evoluti di tutto il continente anche in questo senso. Speriamo che conduca la sua partita con impegno e serieta’.
Anche il ritorno in tro-tro…Abbiamo dovuto prenderne due, perche’ al ritorno non c’e’ il diretto per Mampong. Per fare 20 km ci abbiamo messo piu’ di un’ora. E’ impossibile capire se non si viene qui. Se non e’ pieno come un’uovo non si parte: se non c’e’ musica a palla dall’autoradio non sono contenti. Quando accelera attraversando lunghi rettilinei ti esce spontanea una preghiera: mi sa che qui gli unici componenti soggetti a manutenzione sono solo il clacson e la radio…funzionano sempre…ma per il resto e’ un disastro. La prima causa di morte in Ghana sono gli incidenti stradali, ancor piu’ che la malaria…Ah! Anche ieri pomeriggio avevamo preso un tro-tro per tornare da Mampong a Gyetase: ci ha messo mezz’ora per fare tre km (va beh che fuori dalla citta’ la strada e’ di terra rossa e molto sconnessa), sono caduti giu’ dal bagagliaio posteriore per due volte alcuni sacchetti della spesa…la prima volta un sacchetto con dello yam che un bambino ci ha riportato correndo. La seconda volta c’era la nostra spesa….e dentro c’erano le uova che aveva comprato Diana……Va beh, l’unica cosa che restava da fare era riderci su, ed e’ cio’ che abbiamo fatto io e Antonella…
Adesso siamo qui alla struttura, stiamo raccogliendo dei dati relativi alle strutture fornite da Ashanti Development per quest’area – pozzi, latrine, cisterne d’acqua, cliniche, scuole, microcredito ecc…La mia idea e’ di realizzare uno strumento web molto semplice, una Crowdmap dove si possa avere un’immediato colpo d’occhio alle attivita’ realizzate qui.
E domani si ricomincia.
12.02.2012
Dopo un lungo viaggio, venerdì scorso sono arrivato ad Accra. Lì ho speso l’intera giornata di sabato, ospitato presso una famiglia che accoglie i volontari di Ashanti Development di passaggio. Ho avuto modo di vedere com’è una tipica giornata lì, accompagnando Mr.Kwabena (il papà) mentre portava i figli a scuola o sua sorella a fare la spesa al mercato.
Il giorno successivo abbiamo preso una corriera che ci ha portato nell’interno del Paese: abbiamo attraversato diversi villaggi e città molto popolosi. Molto verde, però l’antica foresta non c’è più: la gente è dedita alle coltivazioni (manioca, yam, palme da olio, cacao ecc…) e inoltre tagliano il legno per le costruzioni. Ogni tanto spuntano degli enormi e bellissimi alberi africani, dà l’idea di cosa dovesse esserci un tempo. Per non parlare degli animali, tutti scomparsi.
La sera di domenica sono arrivato a Gyetiase, il paesino dove dormo, che si raggiunge dopo aver attraversato alcune colline e il bush, è in una zona abbastanza remota, in ogni caso a qualche decina di chilometri da Kumasi, che è una grande città (3mln), il maggiore mercato del West Africa (devo ancora visitarlo).
Gyetiase è davvero un paesino di campagna, con le capre e le galline dappertutto, terra rossa e polvere, tanti bambini che ti inseguono chiamandoti “obruni, obruni” (bianco). Ringrazio la mia amica Antonella, che qui è di casa, la quale mi ha presentato a diverse famiglie e personalità del villaggio. Qui la prima attività da fare è la presentazione con il “chief”, il capo del villaggio: l’organizzazione qui è così, basata in parte sulla gerarchie tradizionali, non c’è il sindaco… Lunedì mi hanno portato da lui e, attraverso un mediatore che traduceva dall’inglese al dialetto locale Twi, gli ho spiegato che cosa vengo a fare qui. Sempre lunedì ho avuto modo di conoscere il direttore della junior school locale, una persona davvero speciale. Qui gli insegnanti pubblici sono pagati pochissimo, quelli delle materne meno di tutti ma anche quelli delle elementari fanno fatica: generalmente sono tutte persone molto magre…ma sono anche persone molto entusiaste, il loro talento è l’insegnamento e vi si dedicano con grande passione.
Oggi è stata una giornata straordinaria. Da Gyetiase ci siamo recati via jeep (sentieri di terra rossa attraverso verdi colline cosparse di banani e mille altri tipi di alberi africani) fino al villaggio di Adutwam (anche questo seguito da Ashanti Development) che sta ai piedi di una montagna considerata sacra. Anche lì, la prima cosa che abbiamo fatto è stata presentarci al chief, una persona molto capace e autorevole: l’incontro è stato “da film”, tra le capanne dove si aggirano le capre e le galline ma con un formalismo del rituale dal quale capisci che stai vivendo un momento importante. Il benvenuto viene dato con un rito secondo cui le donne vengono a salutarti e stringerti la mano dicendoti “Akwaba” – “Benvenuto”. Ci siamo quindi addentrati nel centro del villaggio al seguito del chief e di alcuni altri anziani: pareva una parata reale… Antonella lì è conosciuta e molto apprezzata, è considerata alla pari del capo villaggio per quello che sta facendo per la comunità.
Ad Adutwam è in corso di costruzione (molto rapida) un’ospedale, oramai sono arrivati alle porte e le finestre del piano terra, dopodiché cominceranno a costruire il primo piano e poi il tetto. Oltre che per vedere come va con l’ospedale, che sarà operativo in luglio, ci siamo recati qui perché in questo villaggio i bambini della scuola materna non hanno una loro struttura, vengono ospitati nelle aule della scuola elementare. Con Antonella abbiamo l’intenzione di raccogliere fondi per la costruzione dell’asilo. Prima di partire per il Ghana, le maestre della scuola materna dei miei figli hanno fatto fare a tutti i bambini della scuola dei disegni ispirati al tema dell’Africa. Li abbiamo portati fino a qui, e oggi li abbiamo consegnati ai maestri della scuola, chiedendo loro di fare altrettanto con i loro alunni. E’ stato un momento bellissimo: ho dovuto tenere una piccola lezione sull’Italia, spiegandogli su una cartina dove sta, e come viviamo – con la traduzione del direttore in Twi. Dopo abbiamo disegnato con i gessetti le bandiere del Ghana e dell’Italia, fatto molte foto e video, e alla fine i bambini si sono messi a disegnare con l’aiuto dei maestri, tutti bravissimi ed entusiasti. Purtroppo uno dei bambini a un certo punto è stato portato via in braccio, dormiva ma era molto sudato e senza forze, probabilmente la malaria. Però è stato un momento emozionante ed entusiasmante, sono indescrivibili le sensazioni vissute assieme a tutti quei bambini. Ora speriamo di poter contribuire al loro futuro.
Tutte le foto sono mie o di Antonella Sinopoli.